AUTOARBITRAGGIO
QUELLO CHE SUCCEDE NELLA REALTA’
Spesso sulle tribune gli animi si scaldano e a volte volano parolacce, insulti ed offese rivolte soprattutto agli arbitri e, ancora peggio, ai piccoli calciatori che sono in campo. Protagonista assoluto di questa cattiva abitudine, il pubblico che assiste alle partite di calcio giovanile, che è costituito proprio dai genitori che sono i primi “tifosi ultras” della squadra dove giocano i propri figli.
Il problema fondamentale è di cultura: perché inquinare una sana esibizione di sport, un confronto tra dei bambini, dando un cattivo esempio e una pessima immagine di sé? Perché invece di sostenere i propri beniamini, incitandoli positivamente, ricorriamo all’offesa degli avversari?
Purtroppo si preferisce sottolineare negativamente le qualità tecniche o fisiche di un bambino invece di incoraggiarne le prestazioni sportive, dimenticandosi il senso del RISPETTO.
Addirittura si arriva ad offendere anche bambini che giocano nella stessa squadra dei propri figli, perché vengono ritenuti inferiori, perché “danneggiano la squadra” e in alcune occasioni si sentono frasi tipo:
“ecco entra lui, adesso fa almeno un autogol” “quello? Ma quando segna…” “ma che fa il mister? Vuole perdere la partita?” “è uscito mio figlio ed è entrato quello?”
Si creano inoltre anche delle antipatie tra gli stessi familiari dipendenti dal fatto che uno gioca sempre, un altro non esce mai… Questo atteggiamento, inoltre, può indurre il bambino, che tende ad imitare il genitore, all’abitudine di criticare tutti, proiettando sugli altri (compagni o arbitro) il motivo di una sconfitta, senza riconoscere invece le proprie “responsabilità” o propri “errori”.
E’ opportuno per tutti cercare di recuperare quel senso di rispetto; quel rispetto che deve essere dato in modo assoluto a coloro che vengono preposti alla direzione di gara, persone che sbagliano come tutti, persone che le domeniche sono facile bersaglio di compilation di “antipatici complimenti”.
Pertanto è indispensabile trasmettere i valori educativi fondamentali dello sport (amicizia, rispetto degli altri, rispetto delle regole, confronto leale, impegno…) e confrontarci continuamente con i nostri giovani calciatori (figli) per cercare di trasmettere loro la bellezza e la gratuità della pratica sportiva in uno scenario molto impegnativo.
Il lavoro è molto impegnativo perché gli ingredienti essenziali sono la volontà e il tempo ma, attraverso il dialogo educativo sarà possibile condividere i valori sportivi che aiutino i nostri giovani a formarsi secondo modelli positivi.
Non si deve dimenticare che una volta si giocava “per strada” dove esisteva il carattere ludico dei giochi di movimento e le regole venivano applicate e rispettate dai ragazzi stessi (senza nessuno che fungeva da arbitro). Questo accadeva perché i genitori erano impegnati a lavorare per la famiglia e certo non avevano il tempo per seguire i propri figli.
E’ anche vero che una volta non esistevano (o erano rari) i “pericoli” di oggi.
Il significato di giocare
Gioco-sport-valori in una sinergia unica e significativa che aiuti i giovani calciatori a scoprire il rispetto per se stessi, per gli altri per le cose (natura, strutture, oggetti), dei valori etici dello sport e il fair-play come stile di vita.
Giocare è entrare nelle regole di una “società”, è capire i significati delle azioni, è sperimentare il gusto dello stare insieme, è scoprire le varietà dei ruoli e delle funzioni sociali, è saper utilizzare in modo creativo tutti i materiali, anche i più semplici, è saper rispettare le regole e gli altri.
I bambini hanno le capacità per dimostrare che sono in grado di autogestirsi come facevano gli adulti una volta all'oratorio, per strada o nel cortile di casa. In questo modo i giovani calciatori danno un forte segnale a tutti gli adulti su come interpretare le partite, giocando solo per il puro gusto di divertirsi e far passare le partite piacevoli e divertenti in un clima sereno.
Valori dello sport nel contesto della direzione di una gara e dell’autoarbitraggio
La cultura sportiva in generale deve nascere sin dal primo giorno di ingresso in una Scuola calcio e poi crescere durante il percorso formativo delle varie categorie.
L’attività dell’autoarbitraggio è caratterizzata dall’assenza della figura del dirigente (o genitore) ARBITRO; sono proprio i piccoli calciatori che gestiscono autonomamente l’andamento tecnico e disciplinare della gara, individuando le adeguate decisioni arbitrali senza l’intervento di tecnici e di dirigenti presenti.
Il progetto vuole dimostrare la bontà dei bambini che, con i loro comportamenti adeguati ed equilibrati, forniranno di certo un esempio di correttezza, lealtà sportiva ed autoregolazione e riporteranno il calcio alla sua originaria essenza: gioco e divertimento.
Bisogna incominciare dai bambini
E’ quasi consuetudine vedere in ogni gara di calcio scene agghiaccianti, di genitori impazziti che urlano brutte parole all'arbitro e ai giocatori avversari, che si insultano tra di loro e alla fine si azzuffanno. Anche quando non arrivano a gesti eclatanti creano un clima di tensione intorno alla partita perchè agitano i bambini, a volte li invitano a reagire ai falli o ad essere duri negli interventi.
Purtroppo, al giorno d’oggi, sono proprio gli adulti che rovinano le domeniche.
Il progetto, inteso come lavoro per i bambini e con loro, cerca di trasmettere valori sportivi positivi e ad allontanarli dai comportamenti negativi dei loro genitori.
Questi bambini hanno il diritto di conoscersi tra di loro e imparare cosa vuol dire essere “amici”.
Fare sport dovrebbe essere giocare a fare sport dando il meglio di se stessi e il giusto valore all’agonismo sportivo (senza enfatizzare la vittoria) e vivere con gioia e con spirito amichevole gli incontri sportivi.
Coinvolgimento delle famiglie nella parte educativa del progetto
Anche se spesso la presenza dei genitori nell’ambito dell’attività giovanile costituisce motivo di tensione per le esagerate aspettative che molti di essi ripongono nelle qualità tecniche dei propri figli, tuttavia, almeno nelle fasce più giovani, può essere sperimentata la partecipazione diretta delle famiglie alle iniziative educative che faranno parte del percorso progettuale, sotto il diretto controllo dei responsabili delle società.
Spesso sulle tribune gli animi si scaldano e a volte volano parolacce, insulti ed offese rivolte soprattutto agli arbitri e, ancora peggio, ai piccoli calciatori che sono in campo. Protagonista assoluto di questa cattiva abitudine, il pubblico che assiste alle partite di calcio giovanile, che è costituito proprio dai genitori che sono i primi “tifosi ultras” della squadra dove giocano i propri figli.
Il problema fondamentale è di cultura: perché inquinare una sana esibizione di sport, un confronto tra dei bambini, dando un cattivo esempio e una pessima immagine di sé? Perché invece di sostenere i propri beniamini, incitandoli positivamente, ricorriamo all’offesa degli avversari?
Purtroppo si preferisce sottolineare negativamente le qualità tecniche o fisiche di un bambino invece di incoraggiarne le prestazioni sportive, dimenticandosi il senso del RISPETTO.
Addirittura si arriva ad offendere anche bambini che giocano nella stessa squadra dei propri figli, perché vengono ritenuti inferiori, perché “danneggiano la squadra” e in alcune occasioni si sentono frasi tipo:
“ecco entra lui, adesso fa almeno un autogol” “quello? Ma quando segna…” “ma che fa il mister? Vuole perdere la partita?” “è uscito mio figlio ed è entrato quello?”
Si creano inoltre anche delle antipatie tra gli stessi familiari dipendenti dal fatto che uno gioca sempre, un altro non esce mai… Questo atteggiamento, inoltre, può indurre il bambino, che tende ad imitare il genitore, all’abitudine di criticare tutti, proiettando sugli altri (compagni o arbitro) il motivo di una sconfitta, senza riconoscere invece le proprie “responsabilità” o propri “errori”.
E’ opportuno per tutti cercare di recuperare quel senso di rispetto; quel rispetto che deve essere dato in modo assoluto a coloro che vengono preposti alla direzione di gara, persone che sbagliano come tutti, persone che le domeniche sono facile bersaglio di compilation di “antipatici complimenti”.
Pertanto è indispensabile trasmettere i valori educativi fondamentali dello sport (amicizia, rispetto degli altri, rispetto delle regole, confronto leale, impegno…) e confrontarci continuamente con i nostri giovani calciatori (figli) per cercare di trasmettere loro la bellezza e la gratuità della pratica sportiva in uno scenario molto impegnativo.
Il lavoro è molto impegnativo perché gli ingredienti essenziali sono la volontà e il tempo ma, attraverso il dialogo educativo sarà possibile condividere i valori sportivi che aiutino i nostri giovani a formarsi secondo modelli positivi.
Non si deve dimenticare che una volta si giocava “per strada” dove esisteva il carattere ludico dei giochi di movimento e le regole venivano applicate e rispettate dai ragazzi stessi (senza nessuno che fungeva da arbitro). Questo accadeva perché i genitori erano impegnati a lavorare per la famiglia e certo non avevano il tempo per seguire i propri figli.
E’ anche vero che una volta non esistevano (o erano rari) i “pericoli” di oggi.
Il significato di giocare
Gioco-sport-valori in una sinergia unica e significativa che aiuti i giovani calciatori a scoprire il rispetto per se stessi, per gli altri per le cose (natura, strutture, oggetti), dei valori etici dello sport e il fair-play come stile di vita.
Giocare è entrare nelle regole di una “società”, è capire i significati delle azioni, è sperimentare il gusto dello stare insieme, è scoprire le varietà dei ruoli e delle funzioni sociali, è saper utilizzare in modo creativo tutti i materiali, anche i più semplici, è saper rispettare le regole e gli altri.
I bambini hanno le capacità per dimostrare che sono in grado di autogestirsi come facevano gli adulti una volta all'oratorio, per strada o nel cortile di casa. In questo modo i giovani calciatori danno un forte segnale a tutti gli adulti su come interpretare le partite, giocando solo per il puro gusto di divertirsi e far passare le partite piacevoli e divertenti in un clima sereno.
Valori dello sport nel contesto della direzione di una gara e dell’autoarbitraggio
La cultura sportiva in generale deve nascere sin dal primo giorno di ingresso in una Scuola calcio e poi crescere durante il percorso formativo delle varie categorie.
L’attività dell’autoarbitraggio è caratterizzata dall’assenza della figura del dirigente (o genitore) ARBITRO; sono proprio i piccoli calciatori che gestiscono autonomamente l’andamento tecnico e disciplinare della gara, individuando le adeguate decisioni arbitrali senza l’intervento di tecnici e di dirigenti presenti.
Il progetto vuole dimostrare la bontà dei bambini che, con i loro comportamenti adeguati ed equilibrati, forniranno di certo un esempio di correttezza, lealtà sportiva ed autoregolazione e riporteranno il calcio alla sua originaria essenza: gioco e divertimento.
Bisogna incominciare dai bambini
E’ quasi consuetudine vedere in ogni gara di calcio scene agghiaccianti, di genitori impazziti che urlano brutte parole all'arbitro e ai giocatori avversari, che si insultano tra di loro e alla fine si azzuffanno. Anche quando non arrivano a gesti eclatanti creano un clima di tensione intorno alla partita perchè agitano i bambini, a volte li invitano a reagire ai falli o ad essere duri negli interventi.
Purtroppo, al giorno d’oggi, sono proprio gli adulti che rovinano le domeniche.
Il progetto, inteso come lavoro per i bambini e con loro, cerca di trasmettere valori sportivi positivi e ad allontanarli dai comportamenti negativi dei loro genitori.
Questi bambini hanno il diritto di conoscersi tra di loro e imparare cosa vuol dire essere “amici”.
Fare sport dovrebbe essere giocare a fare sport dando il meglio di se stessi e il giusto valore all’agonismo sportivo (senza enfatizzare la vittoria) e vivere con gioia e con spirito amichevole gli incontri sportivi.
Coinvolgimento delle famiglie nella parte educativa del progetto
Anche se spesso la presenza dei genitori nell’ambito dell’attività giovanile costituisce motivo di tensione per le esagerate aspettative che molti di essi ripongono nelle qualità tecniche dei propri figli, tuttavia, almeno nelle fasce più giovani, può essere sperimentata la partecipazione diretta delle famiglie alle iniziative educative che faranno parte del percorso progettuale, sotto il diretto controllo dei responsabili delle società.